Oggi ho incontrato Betty Argenziano e abbiamo parlato del suo romanzo
Alle donne piace soffrire?
(Seconda edizione: WordPress 2019)
La mia citazione preferita si trova a pagina 14:
[…] La scoperta della paternità si portò dietro anche l’insano desiderio che questa fosse certa, così di lì in poi la sessualità femminile sarà sempre più imbrigliata saldamente da religioni, dogmi, culture, censure, stigmi, depotenziata da cinture di castità e ogni genere di inibizione fisica e psicologica.
Il desiderio fu strappato via dal corpo delle donne. Furono tutte obbligate alla dipendenza economica e giuridica da un uomo, in questo modo fu possibile imporre loro la divisione in due categorie base socialmente controllabili: le fedeli e caste “donne per bene” mogli e madri, e le “donnacce”, sessualmente “libere” ma marchiate dall’infamia. Lo stigma sulle cattive servì a tenere a bada le buone: reputazione e vergogna furono le leve principali di un sistema di controllo di inesauribile efficacia.
La nostra più profonda essenza fu spaccata in due, e noi stesse slegate le une dalle altre, grazie alla contrapposizione forzata tra sacro e profano, che prima non esisteva. Castità, sottomissione e obbedienza divennero virtù alle quali aspirare, e ridefinirono la posizione della donna nella società. In questo modo l’equilibrio dell’Umanità si perse per sempre. Il maniacale controllo della vita e del corpo delle donne si concretizzò nella loro segregazione: fu impedito loro il contributo attivo all’evoluzione delle comunità, non poterono più per molti millenni lasciare un segno significativo del loro passaggio su questo Pianeta, né contrastare la deriva dell’avidità e del dominio sugli altri che si tradusse nelle infinite guerre, nelle schiavitù, nello sfruttamento di tutti gli esseri viventi e nella distruzione sistematica dell’ambiente. Tutti effetti collaterali della dopamina compulsiva di tragica attualità. […]
Decisamente e tragicamente attuale.
Tre aggettivi per descrivere questo libro: crudo (ma con ironia), rivelatore, necessario.
Grazie a Betty Argenziano per averci svelato con ironia e autoironia le trappole che troppo spesso noi donne ancora ci auto-infliggiamo. Il libro di Betty Argenziano si legge tutto d’un fiato e ci racconta con cruda consapevolezza tutte le pratiche di bellezza alle quali ci sottoponiamo nella perenne e vana ricerca della femminilità. Ma cos’è la femminilità se non la spasmodica ricerca di una perfezione che non esiste e che viene, di volta in volta, decisa e stabilita da qualcun altro (quasi sempre uomo)?
E allora questa ricerca e queste riflessioni dell’autrice ci devono giungere come un invito, ironico ma potente, a riprenderci il nostro corpo e ad accettarlo così com’è, perché la vera bellezza consiste nel nostro benessere e nella nostra consapevolezza di essere capaci di compiere grandi cose, a condizione di riuscire a liberarci, una volta per tutte, dello sguardo maschile e del diktat patriarcale che soffoca la nostra creatività, la nostra unicità e la nostra bellezza. Grazie di cuore a Betty Argenziano per averci ricordato che siamo Dee e che dobbiamo riscoprire la Dea che è in noi.
Possiamo farcela e, insieme, possiamo davvero fare la differenza.
Cernobbio (Como), Villa Bernasconi, venerdì 17 maggio 2019