Oggi desidero condividere qui con voi un estratto di un articolo che ho scritto nel novembre del 2009, per gli atti del Convegno dal titolo A lui la parola, organizzato da AIPA (Associazione Italiana Pro Adozioni) Erga Pueros presso l’Auditorium Migrantes dei Padri Scalabriniani di Piacenza: si tratta dell’intervista a Matteo Fraschini Koffi, scrittore, giornalista e fotografo freelance.
Matteo nasce nel 1981 a Lomé – uno dei più piccoli stati dell’Africa Occidentale – e a dieci mesi è adottato da una famiglia italiana che abita a Milano. Matteo collabora con numerose testate italiane ed estere e si occupa esclusivamente di Africa subsahariana. Dal 2002 vive in Africa e dal 2020 è di base a Dakar.

Foto: Antonio Fortarezza
In questi giorni si parla tanto di fallimenti adottivi, di genitori che ‘restituiscono’ (verbo atroce e terribile) i propri figli e, allo stesso tempo, la cronaca ci riporta episodi di assurda violenza, di omicidi commessi per puro razzismo verso persone di colore da parte di chi, invece, dovrebbe tutelare la cittadinanza.
E allora questo mio ricordo vuole essere un invito a confrontarci di nuovo tutte e tutti insieme con chi la questione dell’adozione e del razzismo la vive ogni giorno sulla propria pelle.
Questo dialogo prende spunto dal libro di Matteo dal titolo: I 19 giorni di Lomé. Confessioni di un viaggio alla ricerca della propria identità pubblicato nel 2019 in una nuova edizione da il Libraccio Editore, con il titolo Il richiamo dell’elefante nero.
Matteo Fraschini Koffi è una presenza che non passa inosservata: a parte il colore della pelle – che spicca subito in mezzo alle altre relatrici (tutte donne e più pallide) – sembra possedere quella pacata autorevolezza che è raro trovare nei giovani della sua età. Dopo aver ascoltato la sua storia di figlio adottivo, la prima domanda che gli rivolgiamo è la seguente:
Cosa possiamo fare noi genitori (adottivi) per i nostri figli, come possiamo educarli e stare loro vicino, cercando di aiutarli ad affrontare i piccoli e i grandi conflitti della vita quotidiana? Ci potresti dare qualche consiglio?
Matteo valuta con attenzione la domanda e comincia:
Mi sento di dire che la comunicazione – una buona comunicazione – è alla base di tutto. Non bisogna mai rinunciare alla vicinanza con i propri figli, bisogna sforzarsi, per quanto possibile, di ascoltarli e di seguirli anche a distanza, senza mai porre muri di silenzio o fiumi di eccessive parole; eh sì, perché anche parlando troppo (e ascoltando troppo poco) si possono causare grandi danni.
La comunicazione gioca un ruolo decisivo in ogni rapporto, in più nell’adozione a complicare le cose – oltre alla storia pregressa dei figli – c’è anche quella dei genitori.
Quali sono i motivi che spingono una coppia ad adottare? Quali sentimenti e quali pensieri stanno dietro a una scelta di questo tipo? Adozione come ultima spiaggia dopo anni e anni di falliti tentativi di procreazione medicalmente assistita? Adozione come ripiego perché i figli non arrivano e ormai, a una certa età, la pressione sociale vuole che se ne abbia almeno uno? Adozione come opera caritatevole, perché, insomma, si sa che questi bambini staranno meglio da noi in Italia che non in un istituto di un Paese in via di sviluppo?
Sei stato mai vittima di discriminazione razziale in Italia? Dal tuo punto di vista l’Italia è un Paese razzista?
Matteo sembra rivolgere ai presenti un sorriso amaro e prosegue:
Vi è mai capitato di trovarvi all’uscita di una chiesa e, mentre state tranquillamente parlando con un gruppetto di vostri amici, una signora si avvicina e vi mette in mano una monetina? Così, senza nemmeno chiedere se quella monetina la stavate davvero cercando?
Quante volte vi è capitato di essere alla guida della vostra automobile e di essere fermato per un controllo dalla polizia stradale? Quante volte vi hanno fermato per strada, così, mentre andavate per i fatti vostri, perché siete stato scelto tra tanti per un controllo dei documenti?
Be’, a me capita di continuo. È normale? Ditemelo voi. […] Se guardassimo e ascoltassimo davvero le persone che abbiamo davanti senza cadere nella facile e comoda trappola della generalizzazione, faremmo un grande passo avanti nel rispetto e nella accoglienza del diverso. Anche nell’adozione è necessario saper vedere e saper ascoltare l’altro per quello che è e non per quello che si pensa (o che si vorrebbe) che fosse.
Cosa pensi dell’adozione internazionale?
Da quello che scrivo nel libro si può già capire il mio pensiero: secondo me i bambini in difficoltà devono poter essere aiutati nel Paese dove sono nati, circondati da persone a loro simili, evitando loro uno shock culturale che comunque renderà loro la vita più complicata di quello che già non sia. Questa cosa potrà suonare strana detta da me, che sono stato adottato e che ora ho la possibilità – grazie anche alla mia famiglia, a cui ho dedicato anche il libro – di andare in giro per il mondo a fare quello che ho sempre sognato di fare… Bisogna anche dire che ci sono situazioni così difficili per cui l’unica soluzione per dare una vita degna a un bambino è proprio l’adozione…

Foto: Joachim Geissler
Spesso sentiamo dire che nelle relazioni e anche nell’adozione, ‘l’amore vince tutto’, è così?
Sì, l’amore vince tutto, o meglio, può vincere tutto se è un amore ‘intelligente’. Sono convinto che non basti dire a un figlio: «Ti voglio bene» se poi non nutri ogni giorno questo amore con l’ascolto attento e con un costante dialogo.
Ecco, per amore intelligente, intendo anche un amore consapevole, che sa riconoscere le vere molle che stanno dietro alle nostre scelte di vita, soprattutto quando queste scelte coinvolgono altre persone. Soprattutto quando queste scelte saranno decisive per il futuro di minori che vanno in adozione.
A distanza di oltre 10 anni
Scrivo questo post nel mese di giugno 2020; in questi giorni l’America è in rivolta, migliaia di persone stanno manifestando negli Stati Uniti a causa dell’omicidio di George Floyd e nel web imperversa la polemica in merito alla coppia di influencer statunitensi che, dopo aver adottato un bambino autistico di origine cinese, dopo due anni di vita insieme, lo hanno ‘restituito’.
Grazie Matteo Fraschini Koffi per averci raccontato la tua storia e aver condiviso con noi i tuoi pensieri: mai come oggi è necessario costruire insieme un mondo più accogliente, colorato e rispettoso delle differenze.
Il testo completo del mio articolo su Matteo Fraschini Koffi lo potete leggere cliccando QUI.