Buon 2021! Cominciamo il nuovo anno con una sorpresa: oggi viaggia con noi Marcello Sacco, autore di Mille per una notte e altri racconti da Lisbona.
Inauguriamo il nuovo anno con il primo episodio della nostra rubrica Viaggiare tra le righe in una formula ancora più intrigante e ricca di sorprese.
Per la settima volta, imbarchiamoci in un nuovo episodio di questa rubrica dedicata ai consigli di lettura sul Portogallo e la città di Lisbona e continuiamo a viaggiare attraverso le storie e le pagine dei libri insieme a Liliana Navarra, italiana che vive a Lisbona da diciotto anni, guida turistica, esperta del Portogallo, scrittrice e blogger.
L’AUTORE DI OGGI
Entrambe siamo appassionate lettrici e, come di consueto, vi offriamo spunti di lettura, idee per itinerari di viaggio insoliti e suggestioni letterarie che raccontano questa città sfavillante che profuma di oceano e questo Paese posto all’estremo Occidente d’Europa.
Da questa puntata avremo con noi anche le autrici e gli autori delle opere che, di volta in volta, sceglierò per voi.
Oggi il nostro graditissimo ospite è Marcello Sacco; nato a Lecce, vive da diversi anni a Lisbona, dove lavora come insegnante, traduttore e giornalista. Con Tuga Edizioni ha pubblicato il romanzo Deviazioni e la raccolta di racconti Mille per una notte e altri racconti da Lisbona.
IL LIBRO DI OGGI
Il libro di Marcello Sacco che ho scelto oggi per voi è Mille per una notte e altri racconti da Lisbona (Tuga Edizioni, 2020).
Ecco la diretta della settima puntata:
Mille per una notte e altri racconti da Lisbona
In quest’ultima opera di Marcello Sacco incontriamo una Lisbona contemporanea, animata da personaggi, lisboetas e no, che si muovono con intenzioni più o meno nobili, nei diversi quartieri della capitale portoghese, che costituiscono veri e propri microcosmi a sé, dal carattere unico e particolare.
Ecco le due citazioni del filmato (la prima si trova a pagina 75, la seconda a pagina 82):
Traslocare in portoghese significa impazzire. Io, negli anni delle stanzette prese qua e là, traslocavo solo moderatamente, perché spostavo la tastiera, qualche partitura e la bibliografia del dottorato. Poi mio padre morì e dovetti fare i conti con la casa di Roma. Avrei preferito non vederla. Fu lì, nella sua stanza vuota, in mezzo ai resti di corone di fiori traslate al cimitero, che mi ricordai che traslocare in portoghese significa impazzire davvero. I linguisti pazzi, o come minimo allocchi, provano ancora a far discendere louco, come lo spagnolo loco, da strane parole arabe o italiane, tipo ‘allocco’, appunto. Ma il verbo portoghese tresloucar, secondo me, lascia adito a pochi dubbi: il pazzo è uno che non abita più qui.
Era già ‘tardi’, che in portoghese significa anche pomeriggio. Ogni giorno, dopo mezzogiorno, qui è già tardi, come se la giornata ti scivolasse via fra le dita. Arrivi alla mezz’età, le dodici in punto, e sai che il resto ormai è tutto tramonto. E la sera la chiamano notte. Mica come noi italiani o i francesi, che finché c’è luce c’è buongiorno. Qui, per buona parte della giornata, ti dicono «buon tardi», ossia goditi l’affanno finale. In fondo, anche per la mamma di Mané e per la mia si era trattato di un tardi venuto troppo presto. E scommetto che perfino per la nonna, se fossimo andati a spulciare nella sua carta d’identità, avremmo forse scoperto che il suo imbrunire si era fatto buio all’improvviso, come in certe escursioni alpine, quando il sole lo vedi ancora alto e, un attimo dopo, ti ritrovi disperatamente ad aver bisogno di un rifugio, una baita in cui passare una nottata senz’alba. Eppure certi portoghesi, forse abituati a convivere con quel ritardo inarrestabile, il tempo si guardavano bene dal rincorrerlo.
Ad esse ne aggiungo altre due, rispettivamente da pagina 88 e da pagina 28 del racconto Sex:
Nell’ebbrezza, gli spagnoli già dissertavano mentalmente sulla pallosissima serietà del popolo portoghese, di cui ben tre rappresentanti adulti erano lì a guardarli, immobili e a muso lungo. Il porto si centellina, il fado si piange; noi invece siamo quelli del flamenco pestato sui tacchi e della sangría che si ingurgita, pensavano. In fondo, lo sapevo anch’io che bastava espatriare per ritrovarsi nei luoghi comuni, rivedersi nella patina delle cartoline. Gli espatriati non rivangano radici, ma spolverano superfici.
Mi hanno spiegato che un prelato talebano, tanti secoli fa, decise di eliminare ogni riferimento pagano dai giorni della settimana. Tolse Luna, Marte, Mercurio… e impose di chiamarli, i giorni, con questa strana contabilità liturgica di origine ebraica: segunda-feira, terça-feira, quarta, quinta… Al più peccaminoso, il giorno di Venere, curiosamente toccò la sexta-feira che, abbreviata nei loro calendari, diventa Sex. Almeno una volta a settimana, nel giorno di Venere, portoghesi e brasiliani hanno questo simpatico promemoria.
Questo a riprova che, talvolta, anche se per errore, l’ottuso fondamentalismo di un prelato invasato apporti un promemoria sano al nostro calendario settimanale.
Sempre più divertente di memento mori, o no?
#iorestoacasa ma non rinuncio a #viaggiaretralerighe e a sognare Lisbona attraverso i libri, le storie e i ricordi della mia città del cuore.
Pura poesia.
Até logo, Lisboa! Até logo a tutte e a tutti voi, care compagne e cari compagni di viaggio.
Liliana ed io vi aspettiamo per il prossimo appuntamento. Seguiteci!
Per chi volesse saperne di più su Marcello Sacco e sul catalogo di Tuga Edizioni, ecco il link dove trovare tutte le informazioni: www.tugaedizioni.com
Su suggerimento di Marcello, date un’occhiata all’immagine Apparitions di Gérard Castello-Lopes.
Per chi volesse saperne di più su Liliana Navarra e sulle sue molteplici attività, ecco il link dove trovare tutte le informazioni: lillyslifestyle.com